La famiglia tra mille colori cupi e luminosi
È insidiata dalla cultura individualista e stremata dal fisco ma rimane l'architrave della società. Intervista a Francesco Belletti, del Forum delle Associazioni Familiari
È da sempre il motore della società e il primo luogo di custodia della dignità della persona, ma nella nostra epoca di sfrenato individualismo è pericolosamente sotto attacco. Croce e delizia della nostra Italia che fatica ad uscire dalle secche della crisi, la famiglia rappresenta la scommessa da far tornare al centro di ogni azione pubblica: ne va del nostro futuro. Ne è fortemente convinto Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari, dal 1992 in prima linea nella promozione della famiglia come soggetto sociale, coordinando quarantotto realtà associative impegnate su questo tema. In questa intervista a La Mia Banca, Belletti fa lo "stato dell'arte" sulla famiglia nel nostro Paese, tra problemi, sfide e prospettive.
Presidente Belletti, può sembrare una domanda banale, ma le chiedo: che cos'è la famiglia? Quale ruolo ha nella società e nell'economia?
La famiglia è una forma naturale di convivenza tra persone di cui l'umanità ha sempre avuto bisogno. Gli antropologi l'hanno sempre individuata come quel corpo intermedio che rappresenta il primo luogo di custodia della dignità della persona, oltre che avanguardia nella costruzione sociale. Così, per Lévi-Strauss la famiglia è "l’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e i loro figli, un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società". In altri termini, è il luogo dove si instaura una relazione tra la diversità sessuale e tra generazioni, sulla base della stabilità, del prendersi cura, dell'educazione e della fiducia reciproca. Di fatto, è una condizione di stato civile, non affettiva.
Matrimonio e famiglia sono sinonimi?
Il matrimonio è lo strumento che si è costruito nel tempo per dare sostanza alla dimensione sociale della famiglia: è infatti un contratto che viene stretto tra due persone, esplicitato davanti a dei testimoni e a un terzo, sindaco o sacerdote, che rappresentano la società nei confronti della quale i contraenti stanno assumendo degli obblighi. Pur non essendo perfettamente sovrapposti, direi che non c'è famiglia senza matrimonio perché non solo la stabilità viene rinforzata da un patto pubblico, ma soprattutto il matrimonio è stato stabilizzato dentro il diritto per proteggere la parte debole. Quest'ultimo fattore è ancora più importante della stabilità, anche se è evidente che un patto di lunga durata è al servizio della generazione. La responsabilità va di pari passo con i tempi lunghi: non si abbandonano i cuccioli al loro destino.
Come se la passa la famiglia in Italia? Quali le insidie cui va incontro?
Colori cupi e luminosi dipingono la famiglia nel nostro Paese. Partiamo dai primi. Si assiste purtroppo ad una progressivo indebolimento della famiglia negli ultimi vent'anni, anche se non raggiungiamo livelli di altri Paesi come ad esempio gli Stati Uniti. Se da un lato è vero che da noi rimane molto forte la responsabilità genitoriale, dall'altro è altrettanto evidente che si fanno sempre meno figli. La crescente fragilità, dunque, mette in discussione proprio questa vocazione ad essere genitori, propria della famiglia. Inoltre, destano sicuramente preoccupazione i fenomeni di violenza, la mancanza di pari opportunità tra uomini e donne. Ma non tutto è cupo. La famiglia rimane un importantissimo luogo di solidarietà generazionale nella stragrande maggioranza dei casi: si pensi alla cura e all'amore verso tanti anziani che rimangono tra le mura di casa. Sotto gli occhi di tutti, poi, ci sono famiglie aperte all'affido, all'adozione, fino a diventare comunità familiari. E non mancano famiglie militanti nella promozione di valori condivisi. Tra le sfide, non possiamo dimenticare la presenza di cinque milioni di persone straniere in Italia che propongono modelli differenti di convivenza: dovremmo interrogarci di più su questo fenomeno, per riflettere sul valore del nostro modello famigliare, e per poter dialogare maggiormente con queste culture.
Da più parti si dice che la famiglia è il primo ammortizzatore sociale: che vuol dire?
È una dichiarazione irritante perché parla della famiglia come corpo sociale spremuto e sfruttato, in una sorta di sussidiarietà alla rovescia: interventi che toccherebbero allo Stato su temi come la disoccupazione, il welfare, il sostegno nelle difficoltà sono completamente demandati alla famiglia, che oggi purtroppo non ce la fa più, ed è stremata ma, in virtù della solidarietà generazionale di cui sopra, va avanti senza battere ciglio.
Perché secondo lei nel dibattito pubblico la famiglia è forse il soggetto con meno voce?
Per motivi prevalentemente culturali. Storicamente infatti la famiglia è stata vista come luogo di oppressione, mentre nel dopoguerra la sua immagine tradizionale rimandava ad un eredità troppo legata al fascismo. Solo in seguito si è tornati a considerarla come elemento positivo della società. Di fatto, oggi il dibattito vede famiglia contrapposta all'individuo. Per l'individualismo dei nostri giorni ogni legame è negativo, e la famiglia è l'espressione più concreta del mettersi insieme. Inoltre, scontiamo la pesante mercantilizzazione di ogni valore: nella famiglia ci sono valori non economici che non vanno d'accordo con l'utilitarismo dei nostri giorni.
Che politiche pubbliche immagina a favore della famiglia?
Serve una infrastrutturazione sociale che crei un Paese a misura di famiglia. È necessario togliere le catene, a partire da quelle del fisco. Oggi mettere su famiglia è un costo, e avere figli è un peso spesso scoraggiante. Bisogna, quindi, defiscalizzare i carichi famigliari. Il sistema attuale fatto di detrazioni è troppo marginale perché legato al reddito, e il beneficio per la famiglia non è reale. Si potrebbero poi pensare interventi a costo zero: così, se paga meno chi ha figli, deve pagare di più chi non ne ha. Oppure, bisogna vincolare alcune entrate proprio a questo obiettivo. E si tratta di azioni i cui benefici sarebbero immediati: se le famiglie numerose avessero un sollievo fiscale, consumerebbero i soldi in più per il benessere dei figli. In secondo luogo, il mercato del lavoro: oggi avere famiglia è penalizzante, e c'è una grande differenza tra chi ce l'ha e chi no. Allora dobbiamo guardare cosa succede all'estero, dove politiche più pragmatiche hanno saputo valorizzare la responsabilità di essere parte di un nucleo famigliare. La terza grande infrastruttura riguarda la questione educativa: va riformata la scuola, va riscoperta la responsabilità educativa genitori e va sostenuta l'alleanza scuola-famiglia. Si eviterà così la fuga dei genitori, e si combatterà una scuola depressa coma spesso è quella italiana. Infine, la cura: le famiglie oggi sono abbandonate a se stesse, e il ricorso alle badanti è stato un modo per far fronte a questa emergenza, ma c'è di fatto bisogno di sostegno e di un radicale investimento in interventi sul territorio che allevino le difficoltà.
Esiste, secondo lei, un credito a misura di famiglia? Quali caratteristiche dovrebbe avere?
È molto importante l'educazione finanziaria ed economica dei nuclei famigliari, e le banche possono e devono avere un grande ruolo in questo, accompagnando nelle scelte famiglie spesso incompetenti. "Dare credito" poi significa anche lavorare sul costo di questo credito, ma anche sulla necessaria prudenza. Noi stiamo lavorando alla realizzazione di un fondo per il credito per la casa: banche come quelle di credito cooperativo hanno dimostrato di condividere appieno questa esperienza, e con loro vogliamo continuare questo percorso per una nuova responsabilità e per il bene di tutti, a partire dalla famiglia.
Francesco Belletti
Nato nel 1957, sposato con Gabriella e padre di tre figli, Francesco Belletti vive e lavora a Milano. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Milano, ha lavorato per oltre 15 anni come consulente e ricercatore libero professionista per enti pubblici e privati no profit su tematiche sociali. Dal 1990 collabora con il Cisf (Centro internazionale studi famiglia) di Milano, che dirige dal 2000. Dal 2009 è presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. Dal 1991-1992 al 2005-2006 è stato docente presso il Corso di laurea in Servizio sociale dell’Università Cattolica di Milano, occupandosi di politiche sociali e familiari e di organizzazione dei servizi sociali. Dall'anno accademico 2010-2011 è docente in corsi e Master di tematiche familiari in diverse università. Dal 2009 è consultore del Pontificio Consiglio per la famiglia. Dal 2013 è membro del Comitato organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Autore di diversi volumi di ricerca e di articoli, su riviste specialistiche e divulgative. Tra i più recenti si segnalano Essere padri (Edizioni San Paolo), Mai parlato così tanto di famiglia? tra Dico e Family Day (Edizioni Paoline), Ripartire dalla famiglia. Ambito educativo e risorsa sociale (Edizioni Paoline).