Le vicende e la vitalità di una città: arti e commerci

Le fiere e l'artigianato, la cultura e le tradizioni, il patrimonio monumentale: passato e presente di lanciano raccontati dallo studioso Emiliano Giancristofaro

Emiliano Giancristofaro Bcc Sangro Teatina
10 dicembre 2014
La Mia Banca | 

Delineare brevemente la storia di Lanciano non è cosa semplice, soprattutto dopo gli avvenimenti della seconda metà del secolo scorso. La città, per il suo passato, dall'antichità al Medioevo agli anni della sua opulenza in età moderna fino alla prima metà del Novecento, ha avuto storici e cronisti di rilevo e, da ultimi, studiosi delle sue memorie quali Corrado Marciani e Florindo Carabba, tanto per citare i più recenti e, nel campo dei beni artistici, Franco Battistella e altri operatori culturali ancora in campo. Cercheremo di offrire "a volo d'uccello" un resoconto di alcuni aspetti della sua storia civile, sociale ed economica, delle sue tradizioni culturali e religiose.

 

Posta tra la Maiella ed il mare Adriatico, Lanciano è il punto di convergenza del comprensorio Sangro-Aventino, ed ha origine assai antica: la Anxanum romana veniva indicata come importante stazione della via Frentana, e solo 1154 assume il nome di Lanzano con i tre quartieri di Lancianovecchia sul colle Erminio, Civitanova-Sacca sul colle della Selva, e più tardi del Borgo sul colle della Pietrosa. In quegli anni le sue antiche fiere, le "nundinae romane", si trasformarono in mercati internazionali e nel XIV secolo Lanciano viene descritta "operosa di industrie e commerci, rinomata per le sue lane, sete, tele, reti e cordami, famosa per le sue fiere antichissime... popolosa di artigiani, coi loro diritti e privilegi e la presenza di mercanti di qualunque nazione e religione, cristiana, turca, giudea, infedele..." (B. Croce). Le sue nove porte medievali, di cui unica superstite è la fatiscente Porta S. Biagio, accoglievano i mercanti forestieri e, più tardi, il vocabolario della Crusca registrava il detto "Tu non giungeresti a tempo alle fiere di Lanciano, che durano un anno e tre dì". Una strada, quella degli Agorai nel quartiere di Lancianovecchia, attesta ancor la produzione di aghi "di Lanzan pungenti e fini... pe' ste pettegole"!

 

Le fiere si svolgevano non davanti al sagrato della chiesa della Madonna del Ponte, nella Corte Anteana, ma nella pianura che è unita alla città con il ponte su cui era costruita la chiesa nell'ampio spazio con ippodromo chiamato ancora "Piano della fiera". Nel 1513 "fu completato l'ampliamento del ponte, nel 1520 fu coperto con volte a crociera poggianti su pilastri e archi a tutto sesto, per utilizzare la parte superiore come passaggio per le persone e le carrozze, e quella inferiore, per le merci". (V. De Cecco)

 

Dalla fine de XVI secolo la città subisce un lento processo di decadenza commerciale: un terremoto nel 1456 e, poi, le invasioni dell'Italia da parte delle truppe francesi e spagnole in lotta tra di loro; la tirannia del governo spagnolo nel XVII secolo con l'abolizione dei privilegi e delle immunità della fiera; la fine della libertà demaniale di Lanciano e la "compera" del marchese D'Avalos che la carica di balzelli e di tasse, segnano un declino fino alla metà del Settecento, quando la città comincia ad avere un risveglio economico e civile che avrà anni positivi durante tutto l'Ottocento, con la partecipazione agli eventi del Risorgimento nazionale e ai moti antiborbonici: appena Garibaldi entrò in Napoli l'8 settembre 1860, il decurionato lancianese fu tra i primi a deliberare, tra le città del Mezzogiorno, l'annessione all'Italia unita: principi di libertà a cui la città rimase sempre ancorata fino alla rivolta del 6 ottobre 1943 contro i tedeschi che le valse la medaglia d'oro al valor militare, e nei moti popolari del 4 giugno 1968 in difesa delle quattrocento operaie tabacchine licenziate nello stabilimento Ati per la lavorazione del tabacco. Fu il "Sessantotto" di Lanciano!

 

Due architetti, Nicola Talli (1776-1857) e Filippo Sargiacomo (1855-1922), che hanno operato a Lanciano, offrono un quadro preciso dello sviluppo della città tra Ottocento e Novecento, fino al periodo del massimo rigoglio con il sindaco Gerardo Beregna. Il primo, autore della rappresentazione della disposizione dei tre quartieri storici della città che ha evocato la delicata forma di una "farfalla di pietra", descrive una popolazione operosa occupata in fabbriche, laboratori di artigiani, con una fiorente agricoltura e un proficuo rapporto con le contrade rurali; il secondo intuisce la necessità di una "Lanciano nuova" nello sviluppo urbanistico con l'apertura, dalla piazza, di "uno dei corsi più belli dell'Italia provinciale": la città si schiudeva con slancio verso il prato della fiera con una intelligente pianificazione che ha inserito il vecchio tessuto urbano nel nuovo, con la realizzazione di strade larghe e dritte, palazzi liberty, edifici pubblici tra cui il palazzo degli studi con il liceo-ginnasio, in un patrimonio urbanistico che ha subito non poche ferite negli ultimi decenni. Anni in cui la città si presenta in tutto il suo rigoglio con la nascita di industrie di rilevanza nazionale quale, sul finire del secolo, la casa editrice Rocco Carabba, un fenomeno industriale che arrivò ad occupare fino a 400 dipendenti alla vigilia della prima guerra mondiale, che non si sarebbe potuto verificare se Carabba non avesse respirato l'atmosfera attiva e imprenditoriale che "da secoli distingueva Lanciano... con l'esistenza di quella tale borghesia del pensiero che poteva offrirgli dei prodotti intellettuali e un mercato , e la esistenza di una mentalità operaia, d'uomini avvezzi all'attività artigianale e addirittura alla vita di fabbrica, che gli consentì di organizzare la sua tipografia e i suoi sistemi di lavoro secondo un modello via via più moderno" (M. Pomilio). La città in realtà fu sempre una buona piazza per i commercianti di libri e sin dal XVII secolo aveva le sue botteghe tipografiche "con accreditata rinomanza", una tradizione che l'impresa di Carabba, terminata alla metà del secolo scorso, seppe portare a livello nazionale e internazionale con edizioni di premi Nobel e di scrittori di tutti i continenti.

 

Il patrimonio monumentale e architettonico della città, a parte alcuni discutibili interventi nella seconda metà del secolo scorso e qualche recente incuria, ha delle punte notevoli, dalla Basilica Cattedrale della Madonna del Ponte, che ha subito importanti interventi nel 1785 e ha l'originalità di essere stata costruita su un ponte risalente, almeno nel primo esemplare, ai tempi dell'imperatore Diocleziano, distrutto più volte con il ritrovamento tra le macerie della statua della Madonna collocata in una nicchia nel 1138; l'originalità del complesso architettonico è oggetto di quanti visitano la città. Nel quartiere di Lancianovecchia ci sono la chiesa di San Biagio, pare anteriore al 1059, con la cripta e le decorazioni ad arcatelle, quella di Sant'Agostino con la bella facciata in pietra della scuola di Francesco Petrini, e poi la chiesa di Santa Maria Maggiore, eretta forse nel 1227 dai maestri Borgognoni, poi con rifacimenti e decorazioni del bel portale del Petrini nel 1317, con fregi floreali e simboli vari che ne fanno il monumento più importante della città. In essa, il cui interno ha subito discutibili interventi, sono conservati la croce processionale di Nicola da Guardiagrele e alcuni dipinti pregevoli, tra cui un trittico con lunetta del XVI secolo di scuola veneta. Poi, nel quartiere Borgo, la chiesa di Santa Lucia, pure del XIII secolo, pare costruita sui ruderi di un tempio romano dedicato a Lucina, la dea protettrice delle partorienti; la chiesa di San Nicola di Bari, nei pressi del braccio del tratturo magno proveniente da Santa Liberata e Santa Giovina; la chiesa di San Francesco, un complesso monumentale con la sottostante chiesa di San Legonziano dove, nell'VIII secolo, avvenne il Miracolo Eucaristico della trasformazione dell'ostia in carne e del vino in sangue per il dubbio del celebrante monaco basiliano sulla reale presenza di Cristo nel Sacramento: i grumi irregolari formatisi dal miracolo sono conservati e oggetto di culto di visitatori e pellegrini nella chiesa di San Francesco. Tanti altri sono i monumenti, maggiori e minori, dalle Torri Montanare al Torrione Aragonese, alle fontane alle mura Aragonesi, in un elenco che sarebbe assai lungo.

 

Ma niente più delle sue tradizioni religiose e del suo folklore si presentano capaci di svelare il passato di Lanciano e farcene vagliare la vitalità: la Squilla, la campanella sulla torre civica che la sera dell'antivigilia di Natale suona dalle 18 alle 19 e convoca i lancianesi nelle case per il rito della pace e della concordia; il dono alla Madonna del Ponte dell'8 settembre, con le offerte votive delle contrade per il ringraziamento del raccolto; i riti pasquali con i legami con le medievali sacre rappresentazioni; la sacra rappresentazione dell'incontro con i santi il giorno di Pasqua e il martedì successivo, e tante altre manifestazioni che, più o meno disturbate dai moduli moderni, documentano il legame con le antiche tradizioni della città. Si sono voluti dare questi pochi cenni sul patrimonio storico, artistico e culturale di Lanciano per una lettura, attraverso i suoi monumenti e le principali vicende storiche, della città moderna, nella speranza che la storia della città possa ancora continuare ad alimentare la vita moderna, con le sue tradizioni, il suo artigianato, la sua attitudine mercantile e imprenditoriale, le sue istituzioni culturali, il legame degli uomini di oggi a quelli di ieri, per l'impulso a nuove iniziative, per una sua rinascita.

Emiliano Giancristofaro