Termoli-Larino: una Chiesa viva e compagna di viaggio

Intervista al vescovo monsignor Gianfranco De Luca: “La Diocesi, germoglio di speranza in un territorio a rischio spopolamento. Fiducia, lavoro e famiglia per tornare a sperare”

Gianfranco De Luca Bcc Abruzzi E Molise
10 aprile 2019
La Mia Banca | 

Una Chiesa viva e propositiva, che sa farsi compagna di viaggio di un territorio con tanti punti di forza ma anche alle prese con problemi come lo spopolamento e la disoccupazione. È la Chiesa di Termoli-Larino, guidata da un pastore infaticabile e generoso, monsignor Gianfranco De Luca, vescovo dal 2006, che volentieri ci concede questa intervista nella quale racconta la vita della diocesi, le iniziative, i percorsi pastorali e le sfide quotidiane.

 

Eccellenza, ci presenti la diocesi di Termoli-Larino.

L’attuale diocesi di Termoli-Larino esiste dal 1986 e accorpa due diocesi antichissime: quella di Termoli, del X secolo, e quella di Larino, risalente addirittura al IV secolo. Non a caso, oltre a San Basso, San Pardo e San Timoteo (il cui corpo è custodito nella cattedrale di Termoli), annovera tra i santi patroni i Tre Martiri Larinesi, le cui reliquie sono nella concattedrale di Larino, risalenti all’epoca di Diocleziano. La diocesi abbraccia tutto il Basso Molise, in un territorio che conta circa 109 mila abitanti. I sacerdoti sono sessantadue, cinquanta le parrocchie, quattro le comunità religiose maschili e dodici quelle femminili. Sicuramente i momenti più sentiti della vita diocesana sono le feste dedicate ai santi patroni: San Basso a Termoli si festeggia il 5 dicembre e soprattutto il 3 e 4 agosto con la processione in mare, mentre la festa di San Pardo a Larino cade il 26 maggio, con la sfilata di ben centoventi carri.

 

Quali le attività pastorali più rilevanti nella sua diocesi?

Poiché la persona è una, è necessaria una pastorale integrata che parli alla persona nella sua interezza, per accompagnarla costantemente nel suo conformarsi a Cristo. A partire da questa necessità, in diocesi lavoriamo da sempre su tre grandi ambiti, connessi tra di loro. La Curia, innanzitutto: accanto a me e ai sacerdoti c’è una forte presenza di laici con responsabilità importanti, nella certezza che il loro camminare insieme giova proprio all’attenzione alla persona nella sua interezza. Per questo in Curia c’è una vita molto intensa e settimanalmente ci incontriamo per discutere e confrontarci tutti insieme. In secondo luogo, la comunione del presbiterio: è un aspetto molto importante. Non a caso, a giugno ci incontriamo per quattro giorni e ci confrontiamo su tutti i nodi pastorali e le scelte da compiere insieme. Infine, la formazione degli operatori, a partire dai catechisti: sono certo che sia indispensabile per affrontare quel “cambiamento d’epoca” che ci interpella tutti e di cui parla Papa Francesco, per passare da una pastorale di conservazione a una di evangelizzazione. Tutto questo si vedrà “fisicamente” a breve: entro la fine dell’anno infatti termineremo i lavori di ristrutturazione del vecchio seminario di Termoli, che accoglierà tutti gli uffici e tutte le iniziative diocesane in un unico luogo, per abbracciare i fedeli in modo ancora più unitario.

 

Ci sono iniziative particolari che avete curato in questi anni?

Sicuramente il Centro di aiuto alla famiglia che, oltre ai sostegni di tipo economico e finanziario collegati alla Caritas e alle iniziative antiusura, sta formando delle coppie come consulenti familiari su temi come la promozione della vita, l’area medica, l’affettività. Il centro sta realizzando varie iniziative sul territorio, tra cui la consulenza psicologica gratuita fornita alle scuole. Ne è nata un’associazione di laici e sacerdoti riconosciuta canonicamente, ma anche giuridicamente come ats per partecipare ai bandi. Grazie ad una presenza di operatori quattro giorni alla settimana, mattina e pomeriggio, solamente nel 2018 il centro ha avuto centocinque richieste diventate percorsi di accompagnamento, mentre nei primi tre mesi del 2019 ha avuto già cinquanta richieste. E sono nati già due poli sul territorio: a Montenero e Larino, in un’ottica di Chiesa che deve andare incontro al bisognoso, non il bisognoso venire da noi.

 

Quali le attività sociali più significative?

Ci sono sicuramente quelle realizzate dalla Caritas, che gestisce tra l’altro anche due centri sprar: a Termoli, con cento rifugiati, e Santa Croce di Magliano, con venti rifugiati. Come diocesi abbiamo puntato molto sulla pastorale sociale e del lavoro, rivolta in particolare ai giovani. Il nostro infatti è un territorio che va spopolandosi e già in occasione del 30esimo anniversario dell’unificazione della diocesi, nel 2016, emergeva che perdeva circa mille abitanti l’anno a causa della denatalità e di un forte esodo dal Molise. In questi anni, dunque, ci siamo messi in moto in prima persona per provare a gettare semi di speranza. Così, a partire dal documento “Una terra per giovani, il sogno di una Chiesa”, realizzato per i trent’anni della diocesi, è nata l’associazione “Un Paese per Giovani” per incontrare e ascoltare i ragazzi a partire dalle loro esigenze e ai loro sogni, fare formazione, creare connessioni con il mondo del lavoro, attivare tirocini che in alcuni casi si sono trasformati in rapporto di lavoro stabili. Finora, sono stati ascoltati ben millecinquecento giovani. Abbiamo dato vita, poi, ad un’azienda agricola i cui terreni sono di proprietà della diocesi, con l’obiettivo di coltivarli e renderli produttivi. Attualmente ci lavorano due persone, oltre a tutto l’indotto che genera. Accanto all’azienda, è nata una cooperativa di servizi per l’inclusione, rivolta a persone disagiate, che cura la trasformazione dei prodotti agricoli. Anche questo è un piccolo seme che abbiamo piantato e che sosteniamo direttamente: non vuole essere assistenzialismo ma occasione di lavoro vero. Sempre in quest’ottica abbiamo favorito la nascita dell’associazione culturale “Pietra Angolare”, alla quale abbiamo affidato la promozione dei beni culturali della diocesi: noi mettiamo a disposizione questi beni, i ragazzi si ingegnano per promuoverli. Così, ogni anno in episcopio si realizza una mostra a tema. Quella del 2019 parlerà della venuta degli albanesi, con l’esposizione di opere dalle comunità arberesh di Montecilfone, Campomarino, Ururi e Porto Cannone. La mostra rimarrà aperta nei mesi estivi e poi riaprirà in autunno per le scolaresche: è un’occasione di conoscenza ma anche per aprire le porte dell’episcopio a tutti.

 

Che messaggio vorrebbe mandare ad amministratori e responsabili delle istituzioni?

Il Molise è affetto da una malattia endemica: la frammentazione e il campanilismo. In altri termini, non si fanno progetti che guardano l’insieme ma solo il proprio campanile. E in questo, anche la politica ha le sue responsabilità. Del resto, rende elettoralmente di più accontentare il singolo che non una comunità… Manca dunque una progettualità: bisogna uscire da questa mentalità e guardare il Molise nel suo insieme. Prendiamo il caso del turismo: non si può promuovere un territorio senza infrastrutture e senza strade. Accanto a tutto ciò, per tornare a quanto detto in apertura, urge un investimento sui giovani e sulla natalità, altrimenti questa terra che fine farà? Pensi che ad oggi solo in due Comuni ci sono più nati che morti nell’anno: Termoli e Campomarino.

 

Cosa può e deve fare una banca che, tra l’altro, ha come fondatore un sacerdote come don Epimenio Giannico e, pertanto, si ispira proprio ai principi della dottrina sociale cristiana?

Sicuramente il tema del credito è fondamentale per il sostegno di un territorio e l’incremento di tutte le attività, economiche e commerciali, che possono ridare slancio e invertire la rotta: si pensi ad esempio alla nascita di startup, che necessitano di finanziamenti. Tutto questo oggi è fortemente ingessato, se non altro perché per troppo tempo le banche hanno sostenuto solo le cose insicure e oggi invece sostengono solo le poche cose sicure. Occorre allora un cambio di prospettiva e va ristabilito un processo virtuoso. Banche come quelle di credito cooperativo svolgono un ruolo fondamentale proprio per il loro legame con il territorio e la gente, di cui conoscono bisogni e aspettative. E Bcc Sangro Teatina si inserisce sicuramente bene in questo contesto, interpretandolo al meglio, con grande beneficio per tutta la comunità.