Uno sviluppo produttivo diventato Modello Lanciano

Il professor Costantino Felice non ha dubbi: l'industrializzazione rispettosa del territorio e la modernizzazione agricola sono all'origine del miracolo abruzzese

Costantino Felice Bcc Abruzzi E Molise
10 dicembre 2014
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Che territorio è quello di Lanciano, dove debutta anche il Credito Cooperativo? Come si caratterizza economicamente? Quali le sfide, quali le opportunità? Lo abbiamo chiesto al professor Costantino Felice, storico e profondo conoscitore delle dinamiche di sviluppo dell'Abruzzo.

 

Professor Felice, come si caratterizzano storicamente Lanciano e il suo territorio?

Le connotazioni storiche fondamentali di questa cittadina, le peculiarità che ne definiscono la i-dentità civile (ma anche quella politica ed economica), siano sostanzialmente due: le grandi fiere che la resero celebre fin dal Medioevo a livello europeo e anzi “globale” (diremmo oggi) e la casa editrice Carabba, che nei due secoli trascorsi l’ha proiettata sui livelli più alti della cultura filosofica e letteraria. Da una parte, dunque, una economia declinata soprattutto sul versante mercantile; dall’altra la cultura, un ambiente culturale e civile di notevole intensità e spessore.

 

Quali invece oggi, a suo avviso, i punti di forza, e quali quelli di debolezza della città e del territo-rio?

I punti di forza sono quelli consolidati storicamente: attività mercantili e fervore culturale. Ad essi si aggiungono una imprenditorialità abbastanza solida e diffusa in tempi recenti e un connesso tessuto di microimprese, tanto in campo industriale che agricolo, che tutto sommato stanno resi-stendo ai morsi della crisi. Un punto di debolezza potrebbe aversi da un ulteriore indebolimento dello spirito pubblico, da un progressivo indebolimento del “capitale sociale”, che invece nel se-condo dopoguerra, con la sua combattività politica e sociale, è stato un decisivo punto di forza. E-lementi di rischio potrebbero derivare anche da una visione eccessivamente “lanciano-centrica” rispetto al complessivo suo territorio circostante (talvolta in passato è accaduto). Occorre sapersi ben raccordare tanto al versante costiero quanto a quello alto-collinare e montano dell’interno. È decisivo muoversi in tale prospettiva.

 

I modelli di sviluppo abruzzesi del dopoguerra come hanno inciso sulla fisionomia di Lanciano e del territorio?

Forse sarebbe meglio invertire la domanda: chiedersi cioè in che misura il tipo di sviluppo realizzatosi a Lanciano e in Val di Sangro ha potuto influenzare il cosiddetto “miracolo” abruzzese. Perché il punto è proprio questo: è stato lo sviluppo economico realizzatosi nel Lancianese, vale a dire una industrializzazione tutto sommato rispettosa dei valori ambientali e paesaggistici del territorio, come pure la modernizzazione della sua agricoltura, a far sì che nella nostra regione si affermasse un modello di sviluppo tutto sommato “virtuoso”, complessivamente ben riuscito e positivo (a differenza che nel resto del Mezzogiorno). È nella Valle del Sangro, con la sconfitta negli anni settanta del disegno politico-economico incentrato sulla Sangro-Chimica, che in buona sostanza si sono decise le sorti dell’Abruzzo.

 

In che senso?

Se l’Abruzzo rappresenta un caso “virtuoso” di sviluppo regionale – nel Sud Italia certamente il meglio riuscito – lo si deve in larghissima misura alle scelte compiute a Lanciano e in Val di Sangro. È qui che in buona sostanza se ne sono decise le sorti, dando corpo a un modello di cre-scita difficilmente incasellabile entro le consuete letture che si danno della recente storia meridionale e nazionale. È difficile trovare una regione – non solo in Italia – che nel secondo Novecento registri una metamorfosi altrettanto radicale. Da "profondo Sud", oggi l’Abruzzo è la regione meno "meridionale" della penisola: una regione che ormai s’inserisce a pieno titolo tra le aree maggiormente progredite dell’Italia centro-settentrionale. Non a caso è stata la prima a superare, in base ai dati Eurostat, i propri "ritardi strutturali", con la conseguente fuoriuscita dal regime massimo degli aiuti comunitari (Obiettivo 1). È nel Lancianese, particolarmente in Val di Sangro, che questa "grande trasformazione" ha trovato il suo epicentro. In termini di opzioni industriali qui si sono giocate partite che travalicavano di molto l’ambito locale. Ne sono state investite la politica nazionale e persino quella internazionale. Di contro all’industrializzazione calata "dall’alto", secondo il classico schema dell’intervento straordinario da cui sono scaturite perlopiù "cattedrali nel deserto", in quest’area ha potuto affermarsi, grazie ad un potente e consapevole protagonismo di massa, un tipo di sviluppo sostanzialmente rispettoso – per tipologia di fabbriche e modalità d’insediamento – dei valori ambientali, economici e culturali storicamente sedimentatisi nel territorio. Senza un tale spartiacque il destino della regione, e in una certa misura dell’intero Mezzogiorno, sarebbe stato ben diverso da come ci appare oggi.

 

Su cosa può e deve insistere Lanciano per progettare un futuro vincente?

Deve semplicemente continuare a muoversi sui percorsi e sui terreni che l’hanno resa vincente nel suo passato remoto e recente: attività mercantili di medio ed ampio raggio, fermenti ed istituzioni culturali che vadano oltre gli angusti localismi, raccordo tra turismo costiero e turismo di montagna (medio e alto Sangro), piccola e media impresa possibilmente sintonizzate con le progettualità delle multinazionali insediate sul territorio, coltivazione di senso civico e passione civile.